代写范文

留学资讯

写作技巧

论文代写专题

服务承诺

资金托管
原创保证
实力保障
24小时客服
使命必达

51Due提供Essay,Paper,Report,Assignment等学科作业的代写与辅导,同时涵盖Personal Statement,转学申请等留学文书代写。

51Due将让你达成学业目标
51Due将让你达成学业目标
51Due将让你达成学业目标
51Due将让你达成学业目标

私人订制你的未来职场 世界名企,高端行业岗位等 在新的起点上实现更高水平的发展

积累工作经验
多元化文化交流
专业实操技能
建立人际资源圈

Sport_Marketing_Nike

2013-11-13 来源: 类别: 更多范文

IL MARKETING SPORTIVO Indice INTRODUZIONE 1° CAPITOLO – SPORT & MARKETING 1.1. 1.2. 1.3. IL MARKETING DELLE SOCIETA’ SPORTIVE – INQUADRAMENTO CONCETTUALE E METODOLOGICO SPORT : PRODOTTO O SERVIZIO ' LA DOMANDA DI SPORT DELLE IMPRESE 2° CAPITOLO – GESTIONE DEL MARKETING MIX 2.1. LA COMUNICAZIONE NELLO SPORT 2.2. IL PRODOTTO SPORTIVO 2.3. IL PREZZO DEL SERVIZIO SPORTIVO 2.4. LA DISTRIBUZIONE DEL SERVIZIO SPORTIVO 3° CAPITOLO – LA COMUNICAZIONE NELLO SPORT 3.1. IL VALORE DEL BRAND 3.2. LA SPONSORIZZAZIONE SPORTIVA 1 4° CAPITOLO – CASO AZIENDALE : “NIKE” CONCLUSIONE RINGRAZIAMENTI BIBLIOGRAFIA 2 INTRODUZIONE L’evoluzione del marketing nel corso degli anni ha portato ad un’applicazione dei concetti e delle teorie ad esso collegate anche nell’area dei servizi, dove lo sport costituisce uno dei punti cardine del settore. Lo sport ha subito sempre più modifiche negli ultimi anni assumendo valenze di business. Esso si proponeva in dimensioni ludiche, ricreative ed associative, mentre oggi è sicuramente più di un semplice gioco. Il fenomeno sportivo rappresenta, infatti, una delle maggiori realtà nei paesi di tutto il mondo, stimolando attenzioni, passioni, affari, viaggi e tante altre attività. I protagonisti del marketing sportivo sono molteplici, variano dai singoli atleti, alle federazioni, fino ad arrivare alle aziende produttrici di beni e servizi che utilizzano lo sport come mezzo di comunicazione verso il pubblico. “Infatti dopo anni di collaborazione marginale le aziende si fanno promotrici attive dello sport, che è non solo un fenomeno sociale di enormi dimensioni, ma anche economico visto che il complessivo giro di affari che 3 ammonta a trenta miliardi di euro annui 1”. Il marketing sportivo, quindi, vive un periodo di grande sviluppo, coinvolgendo moltissime imprese: da quelle che producono attrezzature ed abbigliamento sportivo a quelle interessate ai contenuti sportivi, fino ad arrivare a quelle di produzione e vendita di prodotti e servizi che trovano nello sport un ottimo mezzo di comunicazione. Eventi e sponsorizzazioni diventano mezzi per realizzare obiettivi di marketing che richiedono efficienza e risultati per il brand. La diffusione della pratica e dello spettacolo sportivo comporta, così, una crescente attenzione per i campioni dei vari sport. Le società sportive e gli organizzatori tendono ad evidenziare sempre di più le prestazioni dei grandi protagonisti che, resi più che noti dai mass media, diventano dei “miti” sia per coloro che praticano lo sport a livello ludico sia per coloro che praticano lo sport a livello agonistico. Fare marketing delle società sportive significa, quindi, considerare che queste non vendono soltanto spettacolo ma costituiscono il soggetto – oggetto di un processo di identificazione. In questo lavoro si prende in considerazione la categoria delle aziende sportive per porre l’attenzione sull’utilizzo Cherubini S., Canigiani M., Il marketing delle società sportive, Franco Angeli , Milano, 1996, p. 10; 1 4 delle leve del marketing che possono rivestire il successo economico di un’impresa. L’ azienda sportiva scelta è la Nike, leader mondiale delle scarpe e degli articoli sportivi. La Nike attraverso un serrato utilizzo del marketing associato a continue innovazioni nel prodotto, è stata rappresentata da giocatori di alto livello, rendendoli ancor più famosi a seguito delle note campagne pubblicitarie2. 2 Codeluppi V., Il potere della marca, Bollati Boringhieri, Torino, 2006, p. 108; 5 1° CAPITOLO:SPORT & MARKETING 1.1.Il marketing delle società sportive. Inquadramento concettuale e metodologico Le principali tipologie di marketing applicato allo sport riguardano le società sportive, ma possono riguardare anche le discipline sportive in senso lato: i singoli atleti, i produttori di attrezzature e abbigliamento sportivo, i gestori di eventi sportivi, i produttori di beni che ritengono utile affiancare alla loro attività, che deve essere sempre più competitiva, il fenomeno sportivo. I beneficiari del marketing sportivo sono vari a cominciare dal grande pubblico. Gli spettatori delle gare, sia dal vivo che a distanza, possono trovare un grosso vantaggio da una corretta logica di marketing. Altri beneficiari possono essere le comunità locali, lo Stato, sia per le scommesse sia per l’incentivo allo sport nella popolazione. Uno sviluppo dello sport è associato addirittura a un contenimento della spesa sanitaria e quindi ,si potrebbe contribuire così anche ad una riduzione della spesa pubblica3. Un marketing sportivo ben impostato può essere a vantaggio anche del 3 Cherubini S. , Canigiani M., op. cit. , p. 23 6 turismo, avvicinando uno specifico target di clientela; inoltre può dare vantaggio agli sponsor che hanno la possibilità di attrarre il pubblico con temi di grande interesse. Purtroppo l’argomento che viene portato in evidenza è l’aumento della remunerazione degli atleti e di conseguenza dei costi della società, il che crea un circolo virtuoso. Il successo sportivo è legato, ormai, con il successo gestionale e organizzativo di una società sportiva. “Si dice che per vincere una gara ci vuole alle spalle una buona organizzazione, ma si pensa più ad una organizzazione sportiva. In questo senso, ci vuole un’ organizzazione di più ampio respiro, tipica delle società evolute quali sono i nostri contesti soprattutto occidentali. Il successo della gara è alla base di tutto, ma non è contraddittorio al marketing. Il marketing presuppone un buon prodotto e il buon prodotto è il risultato sportivo. Non vi è quindi contraddizione, vi è rinforzo”4. Il successo sportivo crea: attenzione del pubblico, delle imprese, immagine ma soprattutto introiti; introiti che, a loro volta, creano capacità di spesa che dispone il potenziamento delle società negli atleti ma anche nelle strutture. 4 Cherubini S. ,Canigiani M., op. cit. , p. 25 7 Il marketing delle società sportive è rappresentato dalla contrapposizione tra “mercato di massa e mercato di aziende”5. Nel “mass marketing” si hanno tanti segmenti di riferimento, che vanno gestiti in modo coerente. Innanzitutto i praticanti, poi i tifosi attivi ovvero coloro che vanno sul punto della gara, e i tifosi passivi che preferiscono seguire le gare a distanza, in Tv, sui giornali o altro. Vi sono, ancora, gli appassionati della disciplina sportiva, che sono probabilmente tifosi di altre società, ma che potrebbero essere anche potenziali portatori di risultati e infine i non interessati, che rappresentano la domanda più latente, che però non va trascurata perché, potrebbe divenire una domanda emergente. Nel settore del business marketing i clienti sono aziende, non sono persone. Vi sono produttori generici, dai televisori ai biscotti, interessati alla sponsorizzazione diretta o ad una utilizzazione del brand nell’attività commerciale; vi sono i produttori di attrezzature, abbigliamento sportivo, gli editori, tv, radio e stampa. Vi è inoltre il settore pubblicitario che sfrutta l’evento come momento pubblicitario di grande interesse. Cherubini S. , Il marketing sportivo: analisi, strategie, strumenti, FrancoAngeli, Milano, 2000, p. 25 5 8 Le caratteristiche del mass market e del business market sono molto diverse, quindi bisogna saper fare diversi marketing. La numerosità nel mass market è molto grande; si tratta di gestire rapporti con milioni di persone. Nel business market gli interlocutori sono pochi ma ciò non significa che sia più semplice, ad incominciare dalla vendita, che deve essere molto più mirata,e con una consulenza – assistenza molto più precisa rispetto al mass market. Il prezzo nel contesto del pubblico di massa è centrato molto sulla definizione del livello e su un’attenta gestione delle differenze dei livelli di prezzo in base ai diversi segmenti di mercato. Nel business market non è tanto importante il livello dei prezzi quanto la capacità di fare un’analisi economica che dimostri i ritorni che l’operazione comporta. La distribuzione, nel mass market, deve essere diffusa, mentre, nel business è un rapporto più diretto,definibile come “customizzato” . Le relazioni,nel mass market sono pubbliche, pertanto vi sono rapporti coi mass media, e gli strumenti di comunicazione utilizzati sono pubblicità e direct marketing; nel business market, invece, si hanno poche persone qualificate, che determinano il risultato e in questo contesto ci si avvale di promoter come strumenti di comunicazione. 9 Tutto ciò è possibile se si opera con una logica professionale. “Le possibilità del marketing sportivo sono rilevantissime, ma affinché le cose siano fatte bene e validamente ci vuole un marketing professionale che sappia gestire tutti gli aspetti logici e metodologici,che la disciplina di marketing ha accumulato negli anni”6. 6 Cherubini S. , Canigiani M. , op. cit. , p. 36 10 1.2. Sport: prodotto o servizio' “Un prodotto è tutto ciò che può essere offerto a un mercato a fini di attenzione, acquisizione, uso e consumo, in grado di soddisfare un desiderio o un bisogno. Esso può consistere in soggetti fisici, servizi, persone, località, istituzioni e idee.”7 In qualsiasi prodotto possono essere individuati cinque livelli. Il livello di base è costituito dal vantaggio essenziale ovvero ciò che l’acquirente riceve in termini di soluzione di un bisogno o di un problema. Il servizio di base offerto da un centro fitness è la possibilità di praticare attività fisica, rispondendo così alla esigenza di benessere o forma fisica della clientela. Il vantaggio essenziale deve essere incorporato in un prodotto generico, cioè la versione base del prodotto. Si può dire infatti che il centro fitness è costituito da un edificio con una reception, dei servizi e delle sale per i corsi. Il seguente livello è costituito dal prodotto atteso, ossia una serie di attributi, e caratteristiche che gli acquirenti di norma si attendono di riscontrare nel prodotto specifico che acquistano. Il cliente di un centro fitness, ad esempio, si attende di trovare un istruttore preparato, dei macchinari, 7 Kotler P. , Marketing Management, Isedi, Torino, 2006, p. 610 11 degli spogliatoi. Dal momento che ogni centro possiede questi requisiti minimi, il cliente non avrà una preferenza predeterminata e sceglierà quindi l’offerta che ritiene più conveniente. Il livello successivo è costituito dal prodotto ampliato, comprendente i servizi e vantaggi addizionali che distinguono l’offerta di un’impresa rispetto a quella dei concorrenti. Un centro, pertanto, può aumentare il valore della propria offerta mediante la presenza di asciugamani personali, un punto di ristoro e un maggior numero di corsi. Il quinto ed ultimo livello è costituito dal prodotto potenziale, ovvero l’insieme di tutti i possibili ampliamenti e trasformazioni che potrebbero avere come oggetto il prodotto in futuro. Nel caso del centro, si possono offrire omaggi, sedute di massaggi o pacchetti benessere e disponibilità di parcheggio. A tal uopo si sottolinea che i prodotti possono essere classificati in tre gruppi8, in base alla durata o alla tangibilità. 1. Beni non durevoli. Si tratta di beni tangibili che normalmente sono consumati in una sola volta o in poche volte (ad esempio birra, sapone e sale). 8 Kotler.P., op. cit.. p. 610 12 2. Beni durevoli. Si tratta di prodotti tangibili che in genere sono utilizzati molte volte (ad esempio frigoriferi, capi d’abbigliamento) 3. Servizi. Si tratta di prestazioni, vantaggi o soddisfazioni che vengono offerti in vendita (ad esempio un taglio di capelli o delle riparazioni). “Un servizio, pertanto, è qualsiasi attività o vantaggio che una parte può scambiare con un’altra, la cui natura sia essenzialmente intangibile e non implichi la proprietà di alcunché. La sua produzione può essere legata o meno ad un prodotto fisico”. I servizi presentano quattro caratteristiche distintive: 1. Intangibilità. I servizi sono intangibili; diversamente dai beni fisici essi non possono essere visti assaggiati, toccati, uditi, o annusati prima dell’acquisto, ad esempio chi si pratica un corso in un centro fitness non può prevederne il risultato prima di un costante allenamento. 2. Inseparabilità. Un servizio è inseparabile dalla fonte che lo genera, sia essa una persona o una attrezzatura, ad esempio nel caso di servizi professionali la fonte che eroga il servizio acquisisce particolare importanza: un corso risulterà differente se a tenerlo sarà un dilettante. 3. Variabilità. I servizi sono estremamente variabili in quanto dipendono dalla persona che li fornisce, nonché dal 13 momento e dal luogo in cui sono erogati, ad esempio una corso tenuto da un trainer ben preparato e con esperienza risulterà qualitativamente migliore rispetto ad uno eseguito da un trainer alle prime armi. 4. Deperibilità. I servizi non possono essere immagazzinati. È questo il motivi per cui alcuni centri fitness fanno pagare ai clienti anche i corsi a cui non si sono presentati. L’analisi delle principali caratteristiche che contraddistinguono il prodotto ed il servizio, consente di affermare che lo sport è un servizio. “Il servizio sportivo è l’organizzazione di un’attività posta in essere da una società, da una associazione sportiva o da un altro organismo al fine di permettere alle persone di fare sport, attività fisica oppure soddisfare un bisogno di svago e di divertimento” 9. La definizione suddetta pone in evidenza alcuni elementi. Il prodotto sportivo, a differenza del prodotto industriale, non è tangibile, ma presenta le caratteristiche di un servizio che soddisfa il bisogno di praticanti, appassionati e spettatori, quali per esempio la salute ed il benessere, lo svago, la socializzazione, lo spettacolo. “Il prodotto sport inoltre è un’attività che normalmente ha luogo in un’interazione fra cliente e fornitore del servizio e viene fornita come 9 Zagnoli P., Radicchi E., Sport Marketing, Franco Angeli, Milano, 2005, p. 15 14 soluzione ai problemi del cliente, il quale partecipa attivamente al processo di produzione”10. È chiaro che la gestione della leva prodotto nello sport è diversa da quella del prodotto industriale e richiede un’elevata attenzione al coinvolgimento del cliente ed alla qualità del servizio. 10 Zagnoli P. , Radicchi E. , op. cit. , p. 35 15 1.3. La domanda di sport delle imprese. Negli ultimi anni lo sport ha subito profonde trasformazioni che hanno interessato i comportamenti dei soggetti impegnati a praticarlo o a proporlo, i suoi assetti organizzativi ed istituzionali, le regole che lo governano e persino il sistema di relazioni con gli altri settori dell’economia: lo sport si è definitivamente affermato come fenomeno economico e mediatico, oltre che come veicolo di politiche sociali e occupazionali11. L’offerta sportiva, a seguito delle evoluzioni che stanno caratterizzando il settore dello sport , si trova ad operare nei confronti di una domanda ampia ed articolata costituita sia dalle persone (praticanti, tifosi, spettatori) sia da aziende che operano in settori diversi, e spesso non correlati allo sport (industria, commercio, finanza, servizi, media, ecc.), le quali sviluppano complesse relazioni di scambio con le organizzazioni sportive. In particolare, la dimensione dello sport come svago ed intrattenimento appare l’elemento principale alla base delle motivazioni per cui una persona decide di praticarlo. Nell’attuale sistema economico, caratterizzato da una 11 Il settore dello sport registra un saldo positivo della bilancia dei pagamenti, contribuisce per circa il 3% alla formazione del reddito nazionale del nostro paese e coinvolge circa 550.000 unità di lavoro. cfr. Nomisma, Dentro lo sport. Primo rapporto sullo sport in Italia, Il Sole 24 Ore, Milano, 2002 16 sovrabbondanza dell’offerta, della dimensione ludica ed emozionale rappresenta un fattore determinante e decisivo nella scelta dei beni e dei servizi da acquistare. Si pensi per esempio all’esperienza di Nike che con le “Nike Town” ha trasformato l’acquisto della scarpa in un momento di puro intrattenimento, essendo i negozi Nike un mix tra il centro fitness, il music club ed il parco multimediale. L’acquisto rappresenta solo l’ultimo anello di una lunga catena di entertainment. Le strategie di marketing di aziende come la Nike sono orientate ad attirare i consumatori con l’intrattenimento e lo stimolo alla novità12. La domanda di sport è ampia e frammentata e non riguarda soltanto la pratica sportiva in senso stretto ma anche la possibilità di assistere a manifestazioni, incontri sportivi ed eventi . Ciò che ha trasformato lo sport in un settore ad “alta intensità di business” è innanzitutto il nuovo ruolo assunto dallo spettatore, in primis dal “telespettatore”: è la domanda di coloro che assistono agli eventi sportivi a giocare un ruolo fondamentale, soprattutto se la fruizione della manifestazione avviene attraverso la televisione.13 12 13 Bird A., L’economia dell’entertaiment, FrancoAngeli, Milano, 2002, p. 65 Piantoni G. , Sport tra agonismo, business e spettacolo, Etas Libri, Milano, p. 45 17 Dal lato della domanda delle aziende che operano in altri settori, l’aumento dei partecipanti, sia a livello amatoriale che professionistico, ha moltiplicato l’attenzione dei media , generando un giro d’affari consistente nei processi di sponsorizzazione connessi agli eventi sportivi. Inoltre, le società commerciali ed industriali che decidono di diventare sponsor di una squadra attraverso l’amplificazione dei media, utilizzano lo sport quale veicolo di diffusione della propria immagine e dei propri prodotti poiché rappresenta un potente mezzo di penetrazione presso ampi strati della popolazione. Si sono infatti moltiplicati: gli ambiti di cooperazione tra aziende e organizzazioni sportive, i processi di integrazione e i rapporti di partneship tra sponsor e società sportive, la partecipazione delle aziende industriali e commerciali all’organizzazione di eventi sportivi. La domanda di sport da parte delle televisioni come mezzo per elevare l’audience è aumentata sia per l’intensificarsi della concorrenza tra le emittenti sia per l’avvento di nuove tecnologie, inoltre le imprese commerciali che decidono di diventare sponsor di una squadra attraverso l’amplificazione dei media, utilizzano lo sport come veicolo di diffusione della propria immagine e dei propri prodotti. 18 Le imprese sportive svolgono pertanto, un ruolo più complesso; da un alto l’ impresa sportiva deve garantire lo spettacolo e l’emozione per il pubblico, dall’altro media i propri interessi con quelli degli altri attori che domandano sport. “Il risultato è un mercato della comunicazione al cui interno le società ricercano gli spazi migliori come canali di trasmissione e distribuzione, ed i media scelgono gli spettacoli in grado di procurare audience elevate.”14 14 Piantoni G., op. cit. , p. 105 19 2°CAPITOLO:GESTIONE DEL MARKETING MIX 2.1.La comunicazione nello sport Nella realtà odierna lo sport si colloca a pieno titolo all’interno dell’economia dell’intrattenimento, Il legame esistente fra media e sport è di lunga tradizione. Nel corso del 1986 due eventi hanno sancito il “…completo ribaltamento dei rapporti fra sport e media, in primis la televisione”15: da questo momento anche in Italia il mezzo televisivo non si limita solo a svolgere il ruolo di “cronista” dell’evento sportivo, ma assume una valenza fortemente impositiva nei confronti dello sport. La gara subisce ingerenze mediatiche, sia sul piano dell’organizzazione, che sul piano della “regolamentazione”. Lo sport ha quindi sin dall’inizio dell’era televisiva rappresentato un contenuto importante che ha consentito alla televisione di essere “sempre presente” nell’offrire trasmissioni. 15 Bettetini G. , Grasso A. , Lo specchio sporco della televisione. Divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Agnelli, Torino, 1988, p. 97 20 Gli strumenti che le organizzazioni sportive hanno oggi a disposizione per comunicare con la propria domanda, trovano nuove e molteplici possibilità anche attraverso l’utilizzo delle nuove tecnologie digitali. Così anche le imprese sportive attuano politiche di comunicazione per attirare nuovi potenziali praticanti di una certa disciplina, per promuovere un evento sportivo e indurre il maggior numero possibile di persone a seguirlo, oppure per diffondere la propria immagine nei confronti di aziende che potrebbero sponsorizzarne attività ed eventi. Nel marketing mix, la leva della comunicazione viene spesso intesa esclusivamente in termini di pubblicità. In realtà, la comunicazione è un prodotto complesso ed articolato che consiste in una serie di strategie poste in essere dalle imprese al fine di veicolare un messaggio relativo al prodotto e/o al servizio offerto ottenendo l’attenzione dei praticanti, spettatori, aziende industriali, media, ecc. Sono molteplici gli strumenti a disposizione di una impresa sportiva per attuare una efficace strategia di comunicazione utilizzando una serie di modalità che vanno dalla pubblicità alla publicity, dalle pubbliche relazioni al direct marketing, ecc. L’applicazione delle nuove tecnologie agli strumenti di comunicazione tradizionali vede l’impresa sviluppare 21 relazioni bidirezionali e quindi non soltanto comunicare un messaggio verso l’esterno, ma anche ricevere una serie di informazioni, sviluppando la conoscenza dell’utente. Fra gli strumenti tradizionali di comunicazione che una impresa sportiva può utilizzare, la pubblicità rappresenta sicuramente il mezzo tradizionale più potente di diffusione di un messaggio nei confronti del proprio target di mercato. Nello sport la pubblicità può assumere forme diverse. Si trova sia la pubblicità di un prodotto o di un servizio sportivo che la pubblicità attraverso un evento sportivo. 22 Fig 1 - La pubblicità di uno sport 23 Fig 2- La pubblicità attraverso un evento sportivo 24 Nel caso della pubblicità di uno sport (cfr. fig 1) l’impresa sportiva decide di utilizzare uno o più canali di comunicazione per diffondere verso spettatori, praticanti e aziende, un messaggio relativo ad una nuova disciplina, ad una squadra, ad una manifestazione sportiva, ecc. Con la pubblicità attraverso lo sport (cfr. fig 2 ), il nome o il prodotto di un’azienda industriale o di servizi viene associato ad una particolare manifestazione sportiva, per diffondere il marchio e migliorare l’immagine dell’azienda stessa. Quest’ ultima è sicuramente una delle modalità di promozione che ha notevole diffusione. Una delle principali motivazioni della comunicazione congiunta tra impresa sportiva e marchio industriale vede lo sport come un mezzo attraverso il quale raggiungere un numero elevato di persone in tutto il mondo. 25 2.2.Il prodotto sportivo La gestione della leva prodotto nella strategia di marketing di una organizzazione sportiva implica il coinvolgimento dei molteplici contenuti dello sport, al fine di incrementare non solo il ritorno in termini economici, di comunicazione e di immagine, ma anche la visibilità e la popolarità del prodotto sportivo stesso. Il successo del prodotto dipende quindi dalla interrelazione fra risultato agonistico, visibilità, popolarità e diffusione sia presso gli spettatori,che fra i praticanti. Anche per lo sport, come per ogni altro tipo di prodotto o servizio, può essere utilizzato il concetto del “ciclo di vita”16 ovvero l’insieme delle fasi di vita di un prodotto – per poter definire il livello di vendite, i profitti attesi, il mercato degli utilizzatori, la concorrenza. Comprendere in quale fase del ciclo di vita si trovi il proprio prodotto, rappresenta un elemento cruciale per una impresa, quindi anche per le organizzazioni sportive. Il ciclo di vita di un prodotto è composto da quattro fasi (introduzione sul mercato, crescita, maturità e declino). 16 Zagnoli P. , Radicchi E., op. cit. , da p. 205 a p. 215 26 Sull’ascissa è riportata la dimensione temporale, mentre sull’ordinata il livello delle vendite. Se da un lato, è abbastanza facile immaginare che per un prodotto tangibile possa esistere un ciclo di vita durante il quale questo subisce delle modificazioni in termini di livello di vendite o di profitto, dall’altro, è meno immediato comprendere che un servizio è caratterizzato durante la propria “vita” da diverse fasi,soprattutto se si tiene conto di uno degli aspetti che differenziano i servizi dai prodotti ,ovvero il fatto che i primi non possono essere immagazzinati essendo il momento della produzione contemporaneo alla fase del consumo. Per esempio, il bisogno per una persona di tenersi in forma può essere immaginato come una costante: ogni settimana questa frequenta la palestra seguendo un corso di aerobica, soddisfacendo così l’esigenza principale rappresentata dalla necessità di mantenere buone condizioni fisiche. La soddisfazione di tale bisogno, però, può avvenire anche in modi diversi, ad esempio abbandonando il corso di aerobica e seguendo invece un corso di step oppure svolgendo un altro tipo di sport(nuoto, corsa, ecc). Se, infatti, da un lato, il bisogno rimane tendenzialmente costante, dall’altro lato, ciò che cambia è il modo in cui esso viene soddisfatto in una società in continua evoluzione. 27 La domanda quindi è una costante e può essere soddisfatta ricorrendo alternativamente o congiuntamente a diversi servizi sportivi. Il bisogno di fare sport, se da un lato è costante, dall’altro è soddisfatto da attività che variano a seconda delle diverse fasce d’età, culture, attitudini degli individui, ecc. Non sempre, però, è possibile prevedere quando si verificheranno i cambiamenti nella forma della curva del ciclo di vita, ovvero quando si effettuerà il passaggio da una fase all’altra, e in secondo luogo, non tutti prodotti hanno un ciclo di vita canonico, cioè non possono essere rappresentati attraverso la curva su rappresentata. In particolare nel settore sportivo esistono “cicli di vita atipici”17. Il ciclo di vita folgorante si può presentare per esempio con “un’ impennata” nelle vendite concentrata in un breve periodo di tempo, una sola fase di sviluppo e una di declino, legate generalmente a fenomeni di moda fortemente amplificati dai media e caratterizzati da una vita relativamente breve poiché non sono univoci nella soddisfazione del bisogno. Alcune nuove discipline, in particolare nel fitness, che nascono ogni anno e si affermano soprattutto grazie a fiere e manifestazioni di 17 Tribou G. , Augè B. , Management du Sport. Marketing et gestion des clubs sportifs, Dunod, Paris, 2003, p. 68 28 settore hanno in genere un ciclo di vita molto breve. I prodotti sportivi con ciclo di vita “folgorante” sono spesso il frutto di un’associazione fra discipline già esistenti, di volta in volta rielaborate in modo diverso al fine di creare vere e proprie tendenze, che come tali l’anno successivo vengono scavalcate da una nuova moda. Alcuni prodotti sportivi non sembrano invece essere caratterizzati dalla fase del declino, poiché mantengono nel tempo le proprie caratteristiche fondamentali ( ciclo di vita “perenne”). Una disciplina sportiva in costante fase di maturità è per esempio il calcio che, rappresenta lo sport più praticato e più seguito nel nostro paese. In generale si può dire che le discipline sportive con ciclo di vita perenne sono tutte quelle che si configurano come “sport di massa”. Infine, possono esistere prodotti sportivi per i quali alla fase della maturità e di apparente imminente declino si accompagnano continue rivitalizzazioni del prodotto, mediante per esempio politiche di rilancio che ricorrono all’innovazione e alla comunicazione (ciclo di vita “rimanente”). I prodotti a ciclo rimanente cambiano continuamente perché l’offerta deve rispondere ad un bisogno di rinnovamento espresso dalla domanda, che vuole avere l’impressione di poter scegliere fra attività sempre diverse e nuove, superando “l’invecchiamento psicologico” 29 del servizio sportivo18. In questo caso non si tratta di vere e proprie innovazioni quanto piuttosto di strategie di differenziazione, per cui le nuove attività proposte sono il risultato di una combinazione delle attività fisiche di base. L’aerobica tradizionale che ha spopolato negli anni Ottanta, per esempio, non ha mai conosciuto una fase di declino vera e propria poiché nel tempo le palestre e i centri fitness si sono adoperati per apportare continue novità a questa disciplina con contenuti di prodotto sempre più specifici. 18 Tribou G. , Augè B. , op. cit., p. 70 30 2.3. Il prezzo del prodotto sportivo La determinazione del prezzo di un servizio sportivo è complessa e allo stesso tempo rappresenta un elemento di grande rilevanza nel processo decisionale di acquisto da parte dell’utilizzatore del servizio. Per le decisioni inerenti il prezzo, un’ organizzazione sportiva deve provvedere a fissare i risultati che intende raggiungere. Nella determinazione del prezzo possono essere perseguiti obiettivi diversi, classificabili in tre principali categorie19: Obiettivi orientati al profitto. In questa categoria rientrano sia la massimizzazione del profitto sia la realizzazione di un ritorno sul capitale investito. L’aspettativa diffusa è un tasso di ritorno sugli investimenti e si traduce nel calcolo di un prezzo che assicuri entrate adeguate rispetto al capitale investito; Obiettivi orientati alle vendite. Fra questi obiettivi rientrano la massimizzazione delle vendite e l’incremento della quota di mercato. L’incremento della quota di mercato implica l’adozione di un prezzo di penetrazione, ovvero un prezzo relativamente basso, inferiore a quello della concorrenza, al fine di accrescere il 19 Stanton W. , Varaldo R. , Marketing, Il Mulino, Bologna, 1986, p. 165 31 più rapidamente possibile il volume delle vendite e quindi la quota di mercato; Obiettivi orientati al mantenimento dello status quo. Il mantenimento dello status quo mira alla stabilizzazione dei prezzi e all’allineamento con la concorrenza. In alcuni settori dominati da un’ impresa leader l’obiettivo è di istituire un rapporto stabile fra i prezzi dei diversi prodotti in concorrenza ed evitare forti oscillazioni che potrebbero compromettere la fiducia degli acquirenti. L’obiettivo dell’allineamento rivela che l’azienda si rende conto di non poter esercitare alcuna influenza sul mercato, soprattutto se è presente un’ impresa dominante e se i prodotti sono standardizzati. L’impresa preferisce, pertanto, indiziare i propri sforzi verso strategie competitive in cui la leva prezzo non è centrale. Una volta fissati gli obiettivi da perseguire, una organizzazione sportiva può determinare il prezzo dei propri prodotti/servizi tenendo conto alternativamente di diversi fattori: i costi, la domanda e la concorrenza. Le politiche di prezzo tendono a variare a seconda dei fattori che l’organizzazione sportiva decide di prendere in considerazione. Per determinare il prezzo di un prodotto o di un servizio una organizzazione sportiva può utilizzare il concetto di 32 elasticità della domanda. L’elasticità è una misura di come un consumatore reagisce ai cambiamenti nel prezzo di un prodotto o di un servizio. Esistono diversi fattori che possono influenzare l’elasticità o l’inelasticità della domanda. Prima di tutto è importante valutare quanto il consumatore “si aspetta” di pagare20. Il prezzo atteso è quindi una variabile molto importante poiché rappresenta il valore che il consumatore attribuisce ad un prodotto e/o servizio. Altre variabili che incidono sull’elasticità della domanda sono lo status del prodotto – di prima necessità o esclusivo; l’esistenza di prodotti o servizi alternativi; la frequenza dell’acquisto; il reddito disponibile; la fedeltà alla marca; la qualità del prodotto o del servizio; i tempi di acquisto. “Il concetto di prezzo nello sport può assumere una molteplicità di forme”21. Spesso vengono infatti utilizzati parole e termini diversi per esprimere il concetto di prezzo: il costo di un biglietto è il prezzo pagato per assistere ad un evento sportivo; la quota di iscrizione è il prezzo che si paga per poter frequentare una palestra o un centro fitness; la quota di federazione è il prezzo che una squadra sportiva versa per poter partecipare ad un campionato; 20 21 Zagnoli P., Radicchi E., op. cit. , p. 260 Cherubini S. , op. cit. , p. 87 33 - la quota per i diritti televisivi è il prezzo che un’emittente televisiva paga per trasmettere una partita in televisione; Gli esempi su indicati aiutano a capire come il prezzo, pur con i diversi termini, rappresenta un elemento importante nel marketing mix di una società sportiva. Questo, oltre a richiedere una forte coerenza con gli altri elementi della strategia di marketing, dipende notevolmente dalla struttura dei costi e delle entrate che caratterizzano le diverse organizzazioni sportive. Il forte impatto esercitato dalla centralità della comunicazione da un lato, e dalle nuove tecnologie digitali, dall’altro, rappresenta un elemento che sempre più costringe le diverse società sportive ad organizzarsi al fine di non rimanere schiacciati nella “morsa” dei costi di gestione. In quest’ottica le società sportive continuano a spendere cifre esorbitanti per acquistare i giocatori migliori non soltanto dal punto di vista tecnico-sportivo, ma anche commerciale in quanto capaci di generare importanti ritorni per le società e le proprietà in termini di sponsor, merchandising, diritti tv,ecc. 34 2.4 La distribuzione del servizio sportivo Lo sport praticato ha bisogno di strutture e di impianti diffusi sul territorio quindi assume particolare importanza il luogo all’interno del quale l’utente può praticare sport, ovvero la struttura “fisica” (place) dove il servizio viene erogato e consumato22. Le potenzialità di intersezione e convergenza tecnologica fra televisione di diverso tipo, Internet, telefonia mobile consentono una molteplicità di combinazioni distributive ancora in grandissima parte inesplorate specialmente nel nostro paese. Le nuove possibilità di distribuzione del servizio sportivo fino ad ora individuabili si muovono verso: l’integrazione dei programmi televisivi e servizi Internet, con un elevato grado di personalizzazione dei contenuti. Questa opportunità consente di potenziare la programmazione sportiva, aumentando anche il potere di commercializzazione del prodotto sport; l’uso di Internet veloce come canale di distribuzione alternativo a quello televisivo, con l’opportunità di sviluppare servizi video a richiesta e il possibile accesso personalizzato ai diversi prodotti sportivi audio-video 22 Zagnoli P. , op. cit. , p. 294 35 (telecronache degli eventi e degli incontri, immagini in diretta o in differita dai campi di gioco, interviste agli atleti,ecc.); la possibilità di applicare strategie di marketing altamente customizzate e avviare iniziative di commercio elettronico (e-commerce e m-commerce). Ovviamente il successo delle possibili combinazioni offerte dalla convergenza tecnologica è strettamente connesso alle modalità variabili di diffusione delle tecnologie nei diversi paesi a seconda delle specificità socio-culturali e infrastrutturali. Questa condizione è importante non solo per il successo dell’ offerta che dovrò incontrare i gusti, i desideri e le abitudini del pubblico, ma anche per formulare la proposta stessa di distribuzione del prodotto che richiede il concorso e lo sviluppo di altre tecnologie complementari con relative società di fornitura che le gestiscono. Le relazioni tra società sportive e operatori del settore delle telecomunicazioni possono essere considerate vere e propri accordi di distribuzione. Gli accordi di distribuzione implicano sempre più frequentemente dimensioni che vanno oltre il puro servizio di diffusione per coinvolgere dimensioni strategiche di co-marketing 36 3° CAPITOLO – LA COMUNICAZIONE NELLO SPORT 3.1.Il valore del brand L’ American Marketing Association definisce il brand come un “nome, un termine, un simbolo distintivo o una combinazione di questi elementi, orientati ad identificare i beni o i servizi di un venditore o un gruppo di venditori e a differenziarli da quelli dei concorrenti”23. Il nome, nella sua valenza di marketing diventa brand, marchio. Secondo Kotler il brand può essere considerato come un simbolo complesso che riconduce a sei diversi livelli di significato24: -il brand può riportare alla mente degli individui certi particolari attributi del prodotto, quali per esempio, costoso, solido, potente, durevole e di prestigio; -gli attributi possono essere trasformati in benefici emozionali. L’attributo costoso, per esempio, può far sentire il potenziale acquirente dell’oggetto importante e ammirato; 23 24 www.marketingpower.com Kotler P. , op. cit. , p. 633 37 -il brand può rappresentare un certo tipo di cultura di un paese, quale per esempio organizzazione,efficienza, elevata qualità e altro; -il brand può essere associato alla personalità di un utente assennato, coraggioso, austero, ecc; -al brand, infine, si associa una particolare tipologia di consumatore che acquista o usa il prodotto. Se si immaginano i sei livelli di significato del brand come una piramide, secondo Kotler nella maggior parte dei casi alla base troviamo gli attributi, mentre al vertice, come elemento di primaria importanza nella percezione del brand da parte dei consumatori, ci sono i benefici emozionali che un marchio riesce a trasmettere. Un brand dovrebbe essere in grado principalmente di creare sorpresa, passione ed “excitement”. Il valore dell’impresa dipende pertanto in larga misura dai valori immateriali che la connotano e dalla capacità di accumulare e riprodurre tali risorse nel tempo. La marca e, più in particolare, l’immagine ad essa collegata, assume valore per il consumatore poiché questo, nella fase di scelta e di acquisto dei prodotti, sembra considerare sempre meno gli attributi fisici e le prestazioni attese, in favore degli elementi di natura comunicativa ed emozionale. 38 Con la marca abbinata ad un prodotto o ad un sevizio, i consumatori possono distinguere l’offerta di quel particolare prodotto o servizio rispetto a quanto proposto dai concorrenti. La marca svolge una funzione comunicativa cioè “parla al mercato”25, offrendo un universo di valori unici che la distinguono su un piano simbolico rispetto a tutte le altre marche. Il concetto di brand equity racchiude le funzioni, i benefici e le potenzialità della marca. Il valore della marca è costituito da alcuni fondamentali elementi – notorietà, fedeltà, qualità percepita, associazioni concettuali - che raffigurano l’esistenza di un rapporto costante fra marca e utilizzatore finale. Alcuni di questi elementi quali la notorietà, le associazioni e l’immagine di marca hanno una natura prevalentemente legata ai valori che un’ impresa riesce a trasmettere attraverso gli strumenti della comunicazione. Questi elementi riguardano infatti tutto ciò che la marca riesce ad identificare nella mente del consumatore: simboli, nomi, stati d’animo, ecc. Per questo, al crescere dell’esperienza e delle comunicazioni verso il consumatore, aumenta il legame fra quest’ultimo e la marca. 25 Pine J. , Gilmore J. H. , L’economia delle esperienze, Etas Libri, Milano, 2000, p. 69 39 La qualità percepita è invece la sintesi delle capacità dell’impresa di conferire ai propri prodotti adeguati livelli di qualità oggettiva riconosciuta come tale dagli utilizzatori. Per stimolare nel consumatore un sentimento di elevata qualità percepita, occorre naturalmente che anche la qualità reale del prodotto sia elevata, poiché non è possibile mantenere un’ immagine di qualità se l’esperienza del consumatore non può confermarla. Anche in questo caso il ruolo della comunicazione è importante per tradurre la qualità reale del prodotto in qualità percepita, stimolando per esempio sensazioni visive sulle caratteristiche del prodotto oppure agendo su elementi oggettivi come il prezzo. La fedeltà alla marca, infine, rappresenta l’elemento principale che influisce sul valore della marca. Il legame con la soddisfazione dell’utilizzatore è insito nel concetto di fedeltà. La costruzione di un rapporto di tipo continuativo tra marca e utilizzatore si sviluppa soltanto nel caso in cu il consumatore percepisce una effettiva soddisfazione nell’ acquisto e nell’utilizzo. Se viene a mancare questa componente, l’utilizzatore finale è indotto a ricercare altrove adeguati livelli di soddisfazione, interrompendo così il legame fiduciario con la marca. Venendo meno la fedeltà 40 alla marca, vengono a mancare i benefici e le potenzialità di quest’ultima, in particolare il valore della marca stessa. La fedeltà alla marca costituisce quindi l’elemento chiave per la creazione del brand ed è anche il fattore su cui l’impresa può influire maggiormente attraverso strategie volte a far vivere all’utilizzatore una vera e propria “esperienza”26 di consumo. 26 Addis M. , L’esperienza di consumo – Analisi e prospettive di marketing, Pearson Education Italia, 2005, p. 54 41 3.2. La sponsorizzazione sportiva Per sponsorizzazione sportiva si intende “qualsiasi accordo in base al quale una delle parti (sponsor) fornisce attrezzature, benefici finanziari o di altro tipo all’altra (sponsorizzato), in cambio della propria associazione ad uno sport o ad un singolo atleta e, in particolare, della possibilità di usare tale associazione a scopo pubblicitario, specialmente sul mezzo televisivo”27. Da tale definizione appare quindi un fenomeno complesso che rientra nel ventaglio di del mix degli strumenti di comunicazione utilizzati da una impresa per posizionare il proprio prodotto/servizio sul mercato. In particolare, l’azienda sponsor ha come principale finalità la divulgazione del proprio marchio e dei propri prodotti per rafforzarne l’immagine sul mercato. La sponsorizzazione opera in maniera abbastanza diversa dalla pubblicità tradizionale: la caratteristica più originale della sponsorizzazione, rispetto alla pubblicità tradizionale, è quella di creare un’ interferenza fra lo sponsor e l’evento. Il messaggio, infatti, in maniera “ subliminale” si insinua nelle convinzioni di chi assiste poiché l’attenzione del pubblico è principalmente rivolta all’evento agonistico. Un 27 Definizione formulata dal consiglio d’Europa nella terza conferenza dei ministri Europei dello Sport di Palma di Maiorca,1999 - Zagnoli P., Radicchi E.,op. cit. , p. 327 42 messaggio subliminale ha quindi una probabilità di ricezione assai elevata rispetto al messaggio pubblicitario. In questo modo il messaggio pubblicitario viene recepito dal pubblico durante la partecipazione emotiva ad un evento che non è direttamente allo sponsor, ma di cui questo si serve per realizzare un fine promozionale. Lo sponsor attraverso la presenza del proprio marchio diviene sinonimo di sport, cultura, divertimento, invece di esibire un fine commerciale. La sponsorizzazione, inoltre, costituisce una tecnica di comunicazione su due livelli: un primo livello si realizza mediante l’apposizione del marchio durante l’evento sponsorizzato, il secondo, attraverso la diffusione dell’evento ad opera dei media28. La trasmissione dell’evento attraverso i media incrementa notevolmente la divulgazione del messaggio procurando allo sponsor un’ audience di gran lunga superiore rispetto a quella di chi assiste all’evento dal vivo. Il potere mediatico della televisione ha assunto dimensioni tali che, anche nel caso di una manifestazione sportiva che non riscuote il successo per la numerosità di pubblico dal vivo, gli sponsor riescono comunque ad ottenere un ritorno importante in termini economici e di immagine. 28 Cherubini S. , Canigiani M. , Campioni e co-marketing sportivo, FrancoAngeli, 2001, p. 79 43 E’ fondamentale capire perché le aziende decidono di sostenere un evento sportivo e quali sono gli elementi che guidano le imprese nella scelta dello sport da sponsorizzare. Innanzitutto lo sport è un fenomeno sociale e culturale di grande portata per cui svolge esso stesso la funzione di un “media” attraverso il quale il messaggio pubblicitario viene divulgato. Lo sport, infatti, comunicando valori quali la dinamicità, la forza, la giovinezza, crea passione e coinvolgimento nei soggetti che lo seguono, e determina negli spettatori una associazione fra marchio e prodotti dell’azienda sponsor. La sponsorizzazione richiama l’attenzione in un momento carico di emozioni, in una situazione di grande attenzione ed interesse tale da incrementare l’immagine, la notorietà e la credibilità del marchio sponsor. E’ chiaro dunque che lo sport si conferma come veicolo migliore per le aziende per comunicare e affermare il proprio brand. Per l’azienda i vantaggi derivanti dalla sponsorizzazione sono molteplici. In termini quantitativi, la sponsorizzazione rappresenta spesso un moltiplicatore del fatturato aziendale. Sul piano qualitativo, lo sport è particolarmente adatto ad amplificare la notorietà di un marchio, coinvolge positivamente lo spettatore, garantisce la possibilità di avere 44 un’ampia visibilità sui media e può essere utilizzato per promozioni e incentivi a clienti e venditori. Per la notorietà del marchio un altro vantaggio derivante dalla sponsorizzazione consiste nella possibilità di creare un sentimento di identificazione fra l’azienda e il pubblico, legando cioè il nome alle percezione e ai sentimenti dei tifosi e tesserati della squadra sponsorizzata, oppure de partecipanti ad un evento. La scelta dello sport da sponsorizzare non è mai casuale, anzi esistono precise caratteristiche intrinseche alle diverse discipline sportive che contribuiscono alla scelta29: il ruolo degli spettatori, inteso come l’impegno che gli spettatori mettono nel seguire uno sport. Uno sport può essere partecipato facilmente oppure tenersi in località lontane da quelle cui lo spettatore vive; L’elitarietà della pratica sportiva, ovvero l’accessibilità dello sport per il pubblico; La facilità di accesso alla pratica sportiva per i potenziali atleti; La natura individuale o collettiva dell’attività sportiva, vale a dire se si tratta di uno sport individuale o di squadra; Il grado di visibilità dello sport; 29 Piantoni G. , op. cit ., p. 89 45 Pertanto, il rapporto di sponsorizzazione fra imprese e sport non si esaurisce nel semplice accostamento del marchio ad una squadra o ad una manifestazione sportiva e soprattutto non è un fatto casuale, in quanto si sviluppa molto spesso secondo un preciso piano di comunicazione e di promozione reciproca. Il risultato è un vantaggio non solo economico, ma anche di immagine per entrambi i soggetti coinvolti. 46 4 CAPITOLO:Il Caso Aziendale – NIKE30 Introduzione Diverse aziende si sono contese il grande mercato delle sneaker con innovazioni sul piano dei prodotti e su quello della comunicazione pubblicitaria, ma è senz’altro Nike, leader del mercato da molti anni, che merita le maggiori attenzioni. Il suo fondatore, Phil Knight, modesto mezzofondista, ha incontrato nel 1957 a Eugene, presso l’università dell’ Oregon, Bill Bowerman, che vi lavorava come allenatore atletico e che sin dal 1955 aveva incominciato a realizzare scarpe a mano per migliorare le prestazioni dei suoi atleti. Dopo aver frequentato la Harvard Business School, Knight ha incominciato a lavorare a Portland di giorno come contabile e di notte come venditore di scarpe sportive. Nel 1962 è andato infatti in Giappone dove ha incontrato i dirigenti della Onitsuka Tiger, importante azienda che produceva scarpe sportive ed è poi divenuta la Asics Tiger. A loro ha dichiarato di avere una società (la Blue Ribbon Sport), che in realtà non aveva 30 Le informazioni sono tratte dal sito: www.nikebiz.com 47 ancora, con la quale poteva importare negli Stati Uniti le scarpe che essi avrebbero dovuto produrre sulla base dei modelli creati insieme all’amico Bowerman. I giapponesi hanno accettato e, tornato negli Stati Uniti, Knight ha effettivamente fondato con Bowerman la Blue Ribbon Sport, che nel 1969 è arrivata a un fatturato di un milione di dollari. Dei contrasti con l’azienda giapponese hanno convinto però nel 1972 Knight e Bowerman a creare a Beaverton, nell’ Oregon, un’ azienda autonoma. A questo punto avevano bisogno di un nome e di un marchio grafico. Scelsero il nome Nike, che indica la divinità greca della vittoria, perché il giovane designer dell’azienda Jeff Johnson raccontò di aver sognato la celebre dea alata, ma anche perché è facilmente pronunciabile in diverse lingue. Nel 1972, una studentessa di grafica dell’Università dell’Oregon, Carolyn Davinson, disegnò per 35 dollari un simbolo grafico a forma di baffo che non piaceva molto né a Knight, né a Bowerman, ma questi decisero comunque di adottarlo. I dipendenti della Nike lo chiamarono swoosh, suono onomatopeico che dà l’impressione della velocità e del vento e soprattutto, visti i prodotti dell’azienda, del fruscio che si produce superando qualcuno di corsa. Qualche anno dopo , negli anni novanta, esso diventerà il marchio commerciale più riconoscibile 48 nell’ambito dello sport mondiale, ma anche in quella “economia culturale dei segni” che domina il nostro scenari sociale31. Lo swoosh renderà possibile identificare i prodotti Nike anche da parte di persone abitanti in terre lontane la cui lingua può avere difficoltà con la parola Nike. Diventerà talmente importante che “non solo decine di impiegati della Nike si sono fatti tatuare il logo swoosh sulle caviglie, ma i tatuatori in tutto il Nord America affermano che lo swoosh è diventato il disegno più richiesto”32. 31 Goldman R. , Papson S. , Nike Culture: The Sign of the Swoosh, Sage, London – Thousand Oaks, New Delhi, 1998 32 Klein N. , No Logo. Economia globale e nuova contestazione, Baldini&Castaldi, Milano, 2001 49 Le origini e lo sviluppo delle sneaker Bill Bowerman un giorno del 1972 provò a utilizzare una strana macchina per fare i dolci (denominata waffle machine, dal nome di una cialda con piccole celle quadrate che gli statunitensi consumano durante la prima colazione: la belgian waffle) e realizzò così delle rivoluzionarie suole in gomma “a carrarmato” che migliorano la tenuta su terreni bagnati. Sino a quel momento, le scarpe sportive avevano avuto uno sviluppo estremamente modesto. Nell’Ottocento, le scarpe di tela erano considerate calzature povere e venivano di solito accomunate a ladri e malviventi. Sono stati gli aristocratici inglesi i primi, negli anni sessanta dell’Ottocento, a indossare negli sport da praticare sull’erba scarpe molto elementari e leggere, realizzate in tela e con suole di gomma rese possibili dal processo di vulcanizzazione brevettato da Charles Goodyear nel 1839. Da queste sono poi derivate le scarpe per praticare tennis. Il mercato delle scarpe sportive si espanse rapidamente dopo la prima guerra mondiale, quando sempre più americani decisero di dedicarsi allo sport e alla cura del benessere fisico. Le classi agiate, un tempo diffidenti nei confronti degli sport di massa, cercarono di incanalare le 50 proprie energie, e moralisti e riformatori esaltarono la “vita attiva”33 quale forza portante del carattere nazionale e lo sport come dimostrazione della fiorente grandezza imperiale del Paese. Adidas è stata la prima azienda a ottenere un lancio promozionale dalla fornitura gratuita di scarpe agli atleti e alle squadre migliori, anche se è stata prontamente imitata dai concorrenti. Già negli anni cinquanta e sessanta, però, venivano dati ad alcuni atleti anche modesti compensi per calzare determinate scarpe. A metà degli anni settanta si è sviluppata un’elevata attenzione per il benessere del corpo, per la salute e per il jogging. E Nike seppe avvantaggiarsi di questo fenomeno. Mentre infatti Adidas continuava ad occuparsi soprattutto dei corridori professionisti, Nike orientò decisamente le sue strategie verso i corridori dilettanti. Così, alla fine degli anni settanta, circa la metà delle calzature da corsa vendute erano firmate da Nike, i cui principali concorrenti erano Adidas e Reebok. Negli anni successivi, gli scarponcini alti e le canottiere da pallacanestro diventarono parte essenziale della cultura hip hop dei giovani neri. Così gli afroamericani residenti nelle grandi città, adottando le sneaker, diventarono un modello 33 Vanderbilt T.,L’anima di gomma. Industria e culture della scarpa sportiva, Feltrinelli , Milano, 2000, p .25 51 di riferimento in grado di stimolare i consumi dei giovani dei giovani delle aree bianche periferiche e rurali. Parallelamente, però, tali scarpe vennero anche associate socialmente alle bande giovanili violente e agli spacciatori di droga. Inoltre, grazie al successo dell’aerobica, nei primi anni ottanta, molte donne incominciarono a praticare per la prima volta l’attività sportiva andando a costituire un nuovo mercato. Reebok lo capì e ne approfittò realizzando appositi prodotti per il pubblico femminile , come Freestyle, la prima scarpa da ginnastica da donna, interamente bianca con rifiniture rosa, e Classic, scarpa bianca di pelle soffice divenuta un po’ corrugata a causa di un difetto di fabbricazione. Entrambe erano leggere, poco tecniche e presentavano forme e colori molto vicini al mondo della moda. Nike, invece non aveva alcuna comprensione o affinità per le donne, in quanto era un’azienda di uomini che disegnavano scarpe per gli uomini: grosse, sgraziate, pesanti. Così Reebok potè quintuplicare le vendite nel 1984 e nel 1985 e aumentare comunque enormemente anche l’anno seguente, diventando il leader dell’importante mercato statunitense delle calzature sportive. Leadership che fu rafforzata dall’ingaggio della popstar Madonna come testimonial e dal lancio nel 1989 del modello the Pump, che 52 mediante una pompetta immetteva aria all’interno della scarpa, per colmare i vuoti tra essa e il piede e favorire così la stabilità del piede durante la corsa. Nike ha pagato pesantemente il suo errore, con un crollo costante delle vendite tra il 1983 e il 1987, e sarà necessario aspettare i primi anni novanta perché riesca a riconquistare la posizione di leader, grazie allo sviluppo di un’ adeguata offerta merceologica per il pubblico femminile, ma soprattutto a una sintonizzazione con la logica della moda, che nel frattempo è diventata sempre più significativa nell’ambito dei prodotti sportivi. Infatti, ”nonostante l’insistenza di Knight sul fatto che Nike è un’azienda che produce articoli sportivi, l’evidenza suggerisce che la realtà è ben diversa: circa 80 per cento degli acquisti di Nike viene effettuato per scopi non sportivi”34. Nike, però ha recuperato il terreno perso anche con il crescente successo ottenuto dalla linea Air Jordan e con un sempre maggiore impiego della comunicazione pubblicitaria. Infatti, “in un mercato affollato i cui tratti distintivi sono scarsi, il design e la pubblicità sono diventati fattori cruciali per far esporre sugli scaffali una scarpa e fissarla nella memoria del consumatore”35. Nike, pertanto, 34 35 Codeluppi V. , op. cit. , p. 75 Vanderbilt T.,op. cit. , p. 66 53 decise, nella seconda metà degli anni ottanta, di spingere decisamente l’acceleratore della pubblicità. 54 La pubblicità:l’arma più potente Phil Knight, che oggi è uno dei maggiori investitori mondiali in pubblicità (si pensi che nel 1997 la sua azienda ha speso complessivamente in pubblicità, promozioni e marketing 978 milioni di dollari, cioè più di 2000 miliardi di lire, circa l’11 per cento del suo fatturato)36, negli anni settanta era piuttosto scettico e pensava che la pubblicità fosse sostanzialmente uno spreco di danaro. Ma i concorrenti la impiegavano massicciamente e così, nel 1980, pensò di fare visita a una piccola agenzia di pubblicità di Portland. I titolari Dan Wieden e David Kennedy, però, sono riusciti nel difficile compito di convincerlo delle notevoli capacità della pubblicità. Il loro primo spot, uscito nel 1981, mostrava che “inizialmente l’uomo correva per la sopravvivenza, poi ha iniziato a prendere appunti, infine Nike ha sviluppato un laboratorio per gli atleti dove è stato cambiato il concetto di prodotto progettandolo in laboratorio e innovandolo perché è come se la vita degli atleti dipenda dal solo prodotto”37. 36 37 Codeluppi V. ,op. cit. , p. 115 Grippo C. Nike, allargamento delle linee di prodotto all’insegna dello swoosh, Franco Angeli, Milano, 1999, p. 89 55 Ma nel 1983 la Nike passò alla più grande agenzia Chiat/Day per il lancio della linea Air Jordan, le cui scarpe erano colorate in modo riconoscibile e contenevano nelle solette cuscinetti di gas pressurizzato che erano in grado di assorbire gli choc e si affermarono rapidamente come la tecnologia di riferimento del settore. Lo spot uscì l’anno successivo e rappresentò l’inizio della riscossa di Nike, la quale aveva deciso di utilizzare una strategia molto aggressiva verso i concorrenti. Era il primo spot di una campagna da cinque milioni di dollari che si protrasse per tre anni. Nel 1984 arrivò anche uno spot ambientato a Los Angeles, sede dei giochi olimpici di quell’anno, affiancato da grandi manifesti ed enormi murales che invasero le città statunitensi con le immagini riprese dallo stesso spot degli atleti sponsorizzati da Nike. “La visibilità che ne è risultata ha fatto sì che la presenza della Nike fosse ripresa dai media che si occupavano delle Olimpiadi e questo ha contribuito alla percezione che l’azienda fosse associata ai giochi olimpici in modo molto più intimo della Conversa che era uno sponsor ufficiale. Mentre la Converse spendeva per sponsorizzare e l’Adidas riversava denaro sulle squadre, la Nike aveva catturato gli occhi dei consumatori”38. 38 Aaker D. A. ,Brand equity. La gestione del valore della marca, Angeli, Milano, 1997, p. 209 56 Ma nel 1986 Phil Knight si è nuovamente affidato alle cure dell’agenzia Wieden & Kennedy e ha continuato a farlo sino ad oggi. Dan Wieden gli ha proposto di impiegare il nuovo slogan “Just do it” ( che si può tradurre con “Fallo e basta”) e gli ha ideato un sorprendente spot pubblicitario senza parole, con un montaggio di immagini in super- 8 di scarpe e atleti e la celebre canzone “Revolution” dei Beatles. La situazione è notevolmente migliorata per la Nike, le cui vendite sono raddoppiate tra il 1987 e il 1989 e hanno continuato a crescere anche negli anni seguenti. Nike ha smesso da tempo di cercare di dimostrare in pubblicità l’elevata qualità posseduta dai suoi prodotti. Dietro l’apparente diversità, infatti, gli spot Nike impiegano lo stesso linguaggio irriverente ed esprimono lo stesso concetto: il bisogno di sfida dell’individuo singolo, che si disinteressa degli altri e si mette alla prova unicamente per superare se stesso e i suoi limiti fisici e mentali.39 Nei rimi anni, Knight e Bowerman tendevano a vivere se stessi e la propria impresa come ribelli e antiautoritari. Ammiravano l’atleta singolo, soprattutto se questi era anticonformista. In ciò, probabilmente, erano influenzati da quei valori antagonistici e di protesta che erano dominanti 39 Goldman R, Papson S. , op. cit. , p. 145 57 nel mondo giovanile degli anni sessanta settanta in cui si erano formati. Ma tali valori, nella comunicazione di Nike, si sono presto ribaltati nel loro contrario: in una conformistica visione della vita basata sulla competizione per il raggiungimento del successo. Anche lo slogan “ Just do it” esprime la volontà di Nike di incarnare la concezione individualistica e tutta americana dell’atleta solitario che si impegna duramente per vincere la sua sfida. La forza di questo slogan è che i suoi valori, provenienti originariamente dal running, in realtà sono “universali”. Essi si applicano a tutti i tipi di sport, ma anche a tutti i profili, da Michael Jordan allo sportivo della domenica. E questa etica può superare il quadro dello sport per applicarsi a tutti gli ambiti della vita”40. “Just do it” sottolinea cioè la forza dell’impegno e dell’azione, grazie alla quale l’individuo, chiunque esso sia, può vincere la sua sfida personale e raggiungere i risultati che si è prefisso, trasformare i propri sogni in realtà. Tale slogan funziona anche perché, sul piano semantico, il suo significato non è precisamente definito, ma sufficientemente ambiguo da poter essere diversamente interpretato da persone differenti. Il giorno di Capodanno del 1998 Nike ha lanciato il nuovo slogan “ I can”(“Io posso”), il quale ha avuto però una vita 40 Riou N. , Pub fiction. Società postmoderne et nouvelles tendances publicitaires, Editions d’ Organisation, Paris, p. 81 58 breve, non possedendo i significati, la forza e la capacità di suggestione di “Just do it”. Le stesse scelte effettuate rispetto ai numerosi atleti testimonial messi sotto contratto sono state orientate da Nike verso personaggi come Andrè Agassi, Charles Barkley e Bo Jackson, dalla personalità forte e indipendente e in grado di rappresentare valori fortemente individualistici, la differenza del singolo rispetto al sistema, lo spirito di rivolta contro la volontà di inquadramento. Come Tiger Woods, il giovane golfista meticcio cui oggi Nike versa più di 40 milioni di dollari per poter essere associata al problema della discriminazione razziale. 59 60 Il Dio Jordan Nell’autunno 1984, la Nike ha avuto il coraggio di firmare un contratto quinquennale con Michael Jordan e non mettere il suo ormai celebre swoosh sulle scarpe e l’abbigliamento della nuova linea Air appositamente realizzata per tale atleta. Il contratto prevedeva per la prima volta il pagamento di una percentuale sulle vendite delle linea di Jordan, il cui compenso fu stimato in circa un milione di dollari all’anno 41 .All’epoca ciò sembrò a molti una follia, in quanto la Nike era ancora un’impresa di modeste dimensioni, aveva appena avuto un calo dei profitti dei profitti del 65 per cento, aveva perso alcuni dei manager più importanti ed era costretta a licenziare 400 dipendenti. D’altronde anche Jordan non era famoso come è diventato in seguito, quando si è trasformato nel “ più famoso atleta e una delle persone più conosciute al mondo”42. Ma la Nike ha avuto ragione a scommettere in quel momento su Jordan, al quale qualche anno dopo, alle Olimpiadi di Barcellona del 1992, dove giocò con la nazionale statunitense di basket, il cosiddetto Dream Team, un giornalista arrivò 41 42 Aaker D. A. , op. cit., p. 206 LaFeber W. , Michael Jordan and the New Global Capitalism, W. W. Norton & Company, New York – London, 1999, p. 15 61 addirittura a chiedere in conferenza stampa come si sentisse a essere Dio. Il merito di ciò va imputato, oltre che naturalmente ai risultati sportivi di straordinaria grandezza conseguiti da Jordan, anche alla decisione della Nike di fare di tale personaggio non uno dei tanti atleti adatti a indossare prodotti sponsorizzati, ma il punto focale della sua strategia di marketing e comunicazione. Concentrò pertanto le sue attenzione i suoi investimenti su diversi spot di grande qualità espressiva in cui Jordan veniva mostrato come un “superuomo” che vola letteralmente nell’aria per andare a canestro. Il suo soprannome Air, derivante dalla grande capacità di elevazione dal terreno, è stato dunque tradotto efficacemente sul piano visivo. E l’immagine che lo mostra in elevazione è diventata il marchio grafico che contraddistingue i prodotti della linea Air. E’ diventata, cioè, un’ icona famosa, un segno di marca altrettanto importante dello swoosh. Nike, in tal modo, dimostra concretamente, più di qualsiasi altra impresa, come ogni marca oggi “cerchi di cancellare tutte le linee di confine tra lo sponsor e lo sponsorizzato”43. 43 LaFeber W. , op. cit. , p. 135 62 Il mito Jordan è stato costruito anche grazie alle nuove tecnologie della comunicazione, come il satellite e i cavi a fibre ottiche, che hanno reso possibile la visione delle immagini del campionato NBA in tutto il mondo creando un’audience globale. Dunque anche le partite di Jordan, che nel 1986 potevano essere viste in 35 Paesi, dieci anni dopo erano diffuse in ben 175 Paesi. Il merito di ciò è imputabile anche alla gestione della NBA iniziata nel 1984 dal presidente David Stern, che aveva una visione del ruolo di tale associazione fortemente orientata al marketing. Così, la NBA divenne una vera marca globale e riuscì di conseguenza a far salire le vendite dei prodotti autorizzati 63 legati a tutte le squadre di basket statunitensi da un fatturato di 300 milioni di dollari nel 1987 a più di tre miliardi di dollari dieci anni dopo 44. Il potente processo di “televisionanizzazione” che ha riguardato la pallacanestro negli anni ottanta ha però mutato anche la natura di tale sport, così come, d’altronde, è avvenuto anche a tutti gli altri sport massicciamente entrati in televisione. Per tali sport, infatti la televisione è diventata la maggiore fra le fonti di finanziamento – per il calcio, ad esempio, l’incidenza dei diritti televisivi è passata dall’1 per cento del 1980 al 30 per cento di oggi45- ma ha anche cominciato ad esercitare un’influenza significativa sui contenuti: il football americano ha introdotto nuove regole per accelerare il ritmo del gioco e nuovi metà tempi per spezzare le lunghe giornate e poter inserire più agevolmente la pubblicità, il baseball si gioca di sera e non più di giorno per avere un’audience televisiva più vasta, infine le partite dei campionati di calcio vengono sempre più distribuite durante l’intero fine settimana, sempre per ragioni di audience. La televisione, principalmente, racconta storie sullo sport, che viene narrativizzato per renderlo più fruibile e spettacolare. Accelera inoltre lo svolgimento dello sport, 44 45 Hill S. , Rifkin G. , Radical Marketing, Harper Perennial, New York, 2000, p. 123 Vigarello G. , Le sport bouleversè par l’l’image, in B. Huchet ed E. Payen (a cura di), Mèdias et reprèsentations du monde : figures de l’evènement, Centre Pompidou, Paris, 2000,pag. 64 64 richiedendo che essi si adattino ai ritmi televisivi, che sono poi i ritmi frenetici dettati dalla pubblicità.46Il basket che si svolge su un campo di piccole dimensioni e ha perciò intensi ritmi di gioco, era già naturalmente predisposto per la fruizione televisiva, e dunque l’influenza della televisione è stata in esso molto evidente. Nel frattempo Jordan era diventato una formidabile macchina da soldi. Uno spot Nike del 1997 lo mostrava nel ruolo di businessman mentre ispezionava la sua nuova linea di scarpe e metteva in ogni paio un cartellino con su scritto “ispezionata dal numero 23”, cioè il numero di maglia con cui giocava nei Chicago Bulls. Nello stesso anno i suoi guadagni erano saliti a oltre 100 milioni di dollari, mentre la lista delle imprese che lo impiegavano come testimonial si allungava sempre più. Jordan ha potuto permettersi così di lanciare con grande successo nel 1997 dei ristoranti, e in collaborazione con Nike, una linea di abbigliamento sportivo con il suo nome e dei negozi dove la linea è venduta. A metà del 1998, l’autorevole rivista economica “Fortune” ha stilato che l’impatto sull’economia americana di Jordan (lo sportivo più pagato al mondo) era di 10 miliardi di dollari, di cui circa la metà andavano a beneficio della Nike. Questo 46 Ramonet I. , Propagandes silencieuses. Massea , telèvision, cinèma, Galilèe, Paris, 2000, p.73 65 calcolo è relativo, però, solo al mercato interno, dimenticando che Jordan è in realtà un personaggio mondiale e ha dunque un impatto economico notevolmente superiore. Ma il 13 gennaio 1999 Michael Jordan ha cessato la sua attività agonistica. Con questa decisione il mondo dello sport ha perso un grande campione, ma soprattutto la Nike e molte altre grandi imprese dovranno progressivamente rinunciare a un testimonial difficilmente sostituibile. 66 Il Tempio Nike Town Ogni Dio che si rispetti ha il suo tempio e quello di Jordan è Nike Town, la catena di negozi che Nike ha realizzato a partire dal 1988. Oggi nel mondo esistono 16 Nike Town, ognuno dei quali è più che un negozio di articoli sportivi, in quanto è allo stesso tempo un museo,galleria d’arte, boutique, cattedrale e luogo per il divertimento. Il Nike Town di Chicago, aperto nel 1992, rappresenta la maggiore attrazione turistica della città, con più di un milione di visitatori e un fatturato di 25 milioni di dollari all’anno47. Girando all’interno di un Nike Town, si ha l’impressione di essere dentro uno dei tanti spot della marca, in quanto si è bombardati da luci e musica e circondati da immagini giganti di grandi campioni e da pannelli in cui viene raccontata la filosofia dell’azienda. Si spiega così perché il prodotto non è quasi presente. E’ mostrato a pezzi, spettacolarizzato, distorto, ma se lo si vuole acquistare deve provenire da un altro luogo. Quando viene richiesto, infatti, sale magicamente dal magazzino sotterraneo attraverso uno dei tanti tubi trasparenti. 47 Aaker D. A. , op. cit., p. 212 67 I negozi Nike Town, pertanto, sembrano allo stesso tempo dei musei tecnologici e dei centri di informazione sullo sport. L’acquisto vero e proprio è rallentato dalla necessaria attesa della salita del prodotto dal magazzino, mentre si incontrano ovunque vetrine interattive per i tessuti e i materiali utilizzati per le suole, perché si ritiene giustamente che il riuscire a stabilire una relazione con i sensi del consumatore rivesta un’importanza fondamentale per il successo di una marca.48 La tecnologia d’altronde, è uno dei temi fondamentali su cui insistono nella loro comunicazione tutte le aziende produttrice di sneaker. Infatti essa funziona meravigliosamente bene sul piano della capacità di stimolare la propensione al consumo degli individui. A fianco dell’aspetto tecnologico, i negozi Nike Town, come d’altronde anche molti messaggi pubblicitari dell’azienda, comunicano un immaginario “epico” costituito principalmente dalle imprese compiute nel passato dai più grandi campioni dello sport. A tal scopo, vengono mostrati oggetti impiegati da atleti sponsorizzati da Nike e messaggi di vario tipo che riprendono alcune competizioni sportive importanti, ma soprattutto esprimono quei valori di libertà individuale su cui si regge l’immaginario della marca. 48 Schmitt B. H. , Experential Marketing, The Free Press, New York, 1999, p. 75 68 Naturalmente, a Jordan è stato assegnato nei Nike Town il ruolo prioritario. Per esempio, troneggia su una parete in una riproduzione fotografica che lo mostra mentre “vola in cielo nella sua posa caratteristica, un braccio steso in alto, pronto alla famosa schiacciata, con la lingua un po’ sporgente, in elevazione e poi deciso, incoraggiato nientemeno che dalle parole di William Blake: “Nessun uccello vola troppo in alto / Se vola con le proprie ali”49. Ogni dettaglio dello spazio, nei Nike Town, comunica l’identità della marca Nike. Lo swoosh è onnipresente e diventa addirittura tridimensionale, in acciaio cromato come elemento della ringhiera della scala e della balconata. Ciò può comportare, però, un eccesso di saturazione sul piano comunicativo50. Come, per esempio, nel caso di ogni scarpa da corsa Air Max, che contiene ben sette swoosh sulla sua superficie. In azienda ci si è da tempo resi conto di ciò e pertanto Nike ha deciso nel 1997 di firmare gli spot pubblicitari soltanto con il suo nome. Questa fase, nonostante tutto, è durata poco, perché si è capito che non era possibile rinunciare alla forza dello swoosh, nonostante i rischi impliciti nel suo impiego. “ Quella cosa - lo swoosh – che ha reso di successo la marca Nike nel mondo dei 49 50 Vanderbilt T.,op. cit. , p. 154 Simenson A. , Marketing Aesthetics: the strategic management of Brands, identity, and Image, The Free Press, New York, 1997, p. 187 69 consumi, opera anche come un magnete per la pubblicità negativa” 51 . 51 Goldman R. , Papson S. , op. cit. , p. 183 70 Considerazioni finali sul caso aziendale Dal caso aziendale della Nike si può evincere come la scelta di adottare innovazioni sul piano dei prodotti e su quello della comunicazione pubblicitaria sia risultata vincente: l’andamento del fatturato e l’apertura degli store hanno registrato un trend in continua ascesa a partire dalla metà degli anni settanta. Basti pensare che gli statunitensi negli anni cinquanta acquistavano meno di 40 milioni di scarpe per lo sport, mentre oggi ne acquistano oltre 350 milioni,che a loro volta rappresentano un quinto dell’odierno mercato mondiale52. Certamente la Nike ha trasformato anche la natura delle scarpe da ginnastica in sneaker, cioè scarpe sportive dall’immagine estremamente tecnologica e molto curate sul piano del design. Si caratterizzano, infatti, per un aspetto esteriore in cui si affiancano molteplici elementi che hanno distinto le scarpe Nike dalle scarpe di altre aziende sportive. A riguardo, la Nike seppe avvantaggiarsi rispetto ad esse durante la metà degli anni settanta, momento della comparsa della “me generation”53, periodo in cui si seguiva lo stile informale nell’abbigliamento e la ricerca di un 52 53 Vanderbilt T., op. cit. , p. 14 Codeluppi V. , op. cit. p 140. 71 miglioramento nella propria forma fisica. Pertanto l’azienda in esame decise di orientare le sue strategie verso i corridori dilettanti. Così si ebbe un picco delle vendite negli anni settanta che portò la Nike a conquistare la posizione di leader in questo settore. Cospicui investimenti sono stati effettuati nell’impiego della comunicazione pubblicitaria. In un mercato così concorrenziale,la Nike ha puntato sul design e sulla pubblicità per mantenere la posizione conquistata negli anni settanta. Per quanto riguarda il design, l’elemento principale della Nike è lo swoosh, simbolo avente la forma di un baffo, che troneggia su qualsiasi prodotto della azienda. Questo simbolo è rappresentativo dell’azienda e riconosciuto in tutto il Mondo. Nike è alla continua ricerca di miglioramenti attraverso l’utilizzo di nuovi materiali, sistemi di chiusura, rielaborazione della tradizionale sneaker, sia per quanto riguarda la suola, sia per l’esterno. Ogni aspetto del prodotto Nike è in continua evoluzione. Attraverso l’unione tra testimonial sportivi e marca, Nike ha sfruttato l’immagine del personaggio scelto, arrivando a impersonificarlo con la marca stessa. Il testimonial che si è distinto maggiormente è stato Michael Jordan. A seguito della presenza di Jordan, la Nike aumentò la sua gamma 72 merceologica con un abbigliamento creato appositamente per tale atleta. Naturalmente ebbe un successo clamoroso poiché Jordan era il mito di molti giovani americani. Insomma era praticamente impossibile guardare un grande evento sportivo senza incappare nello swoosh di Nike portato in giro dal corpo di qualche atleta. In seguito la Nike ha esteso l’attività di sponsorizzazione anche ai campi estivi e alle intere squadre sportive dove gli atleti si formano. L’azienda , in particolare, ha avuto successo in Europa anche grazie a un linguaggio pubblico aggressivo e provocante che è stato particolarmente apprezzato dai giovani, i quali si sono identificati in tale marca in parte perché proveniva dagli Stati Uniti, nazione alla moda e patria dello jogging. Nike, in Europa, ha tentato di entrare nell’importante mercato del calcio, egemonizzato da tempo da Adidas e Puma, e inizialmente ha incontrato alcune difficoltà. Ma poi l’azienda è riuscita a diventare la marca dominante anche in molti dei principali Paesi. Anche in questo caso lo ha fatto aiutandosi con spot altamente spettacolari. Ciò dimostra come quest’azienda sia cresciuta e si sia sviluppata grazie ad un utilizzo serrato del marketing 73 CONCLUSIONE Perennemente circondati da spot, cartelloni pubblicitari, immagini, si assorbe tutto e lo si riflette sulle attività quotidiane. In seguito alla presentazione del caso Nike, si può dedurre quanto il marketing si sia insinuato nella mente con le sue strategie, trasformandoci in macchine consumatrici. Perché tutto ciò è capace di attrarre la nostra attenzione' Perché ci trasformiamo in “marche ambulanti”' Perché preferiamo una maglietta Nike rispetto ad maglietta Reebok' Per la qualità' In fondo una maglietta è una maglietta. Si sceglie in base a chi sponsorizza il prodotto. Non si può rimanere non affascinati da una pubblicità Nike, da una foto di una ragazza che pratica sport indossando abbigliamento Nike, da un sportivo che taglia il traguardo indossando scarpe Nike, il sol guardare stimola i nostri sensi, cancella la noia e fa sognare. Un ragazzo, forse, utilizzando quelle stesse scarpe sponsorizzate da un famoso calciatore crede di poter dare il meglio e di poter segnare in rete con la stessa bravura, una ragazza annoiata dalla routine giornaliera può immaginare di superare i propri limiti 74 stimolata dall’immagine di una donna dinamica che si allena in una palestra. L’idea di emulare. L’idea di poter andare oltre. L’idea di essere “alla moda”. Strategia della Nike è, appunto, la forte spinta ad avvicinare il cliente allo sport, sport che poi è praticato con abbigliamento della stessa casa. Sport praticato da agonisti, appassionati, dilettanti ,accomunati dall’ interesse per lo stare in forma e dalla scelta di indossare capi Nike. Se non vi fosse stato uno sponsor come Jordan non si sarebbe avuto il forte successo dell’azienda. I consumatori richiedono esplicitamente l’abbigliamento che indossano i loro miti per poter somigliar loro nel quotidiano. La fortuna di questa azienda leader nel settore sportivo è incrementata anche dal fatto che vi è utilizzo dei prodotti da parte dei consumatori anche per attività non sportive. Non è difficile incontrare ragazzi che indossano abbigliamento sportivo nella vita di tutti i giorni. Perché lo fanno' Una larga fetta potrebbe dire per comodità ma un’ altra grande fetta lo fa per mostrare la marca, per render noto agli altri che ha indosso abbigliamento firmato Nike. Ciò è possibile perché la marca ha un’identità stabile. Si tratta, infatti, di “una combinazione di nomi, slogan, logotipi, design del prodotto, packaging, pubblicità e marketing che insieme attribuiscono a particolari prodotti o servizi una forma 75 operante sul piano fisico e riconoscibile. Ma ciò non è tutto. Le marche hanno anche una dimensione celebrale, che è quella reputazione di cui godono le menti dei consumatori. Le marche devono suscitare fiducia e lealtà se vogliono essere acquistate. Una marca, pertanto, è una strategia aziendale che cerca di incoraggiarci a consumare un prodotto più dei suoi competitors, ed è un segno caricato con un significato che noi decidiamo di consumare perché siamo legati ad esso”54. Non si nasconde il logo, si mostra, ad esempio, posizionato al centro o in basso o sulla manica di una semplice maglietta, l’importante è che sia presente e riconoscibile, soprattutto da chi guarda, per poter “appartenere” a un livello sociale particolare, per poter essere apprezzati. L’immagine nel mondo dell’apparenza è un biglietto da visita. Tutte le marche svolgono oggi un ruolo sociale particolarmente significativo che va molto al di là del campo economico. Sono attori - chiave dei principali processi di trasformazione sociale. Basti pensare a luoghi storicamente importanti come Oxford Street a Londra e le Champs Elysèes a Parigi, questi assumono sempre più 54 Pine J. , Gilmore J. H. , L’economia delle esperienze, Etas Libri, Milano, 2000 Grippo C. Nike, allargamento delle linee di prodotto all’insegna dello swoosh, Franco Angeli, Milano, 1999, p. 7 76 l’aspetto di centri commerciali all’aperto monopolizzati dalle grandi marche mondiali. Passeggiando per questi grandi viali non si può non essere attratti dalla voglia di acquistare, visitare questi grandi store anche solo per guardare la struttura in sé. La marca e il logo ci circondano, la scelta di essere rivoluzionari o di non appartenere ad un determinato livello dipende solo dalla capacità di distinguersi. 77 Ringraziamenti Ringrazio tutti coloro che mi hanno sostenuto in questo periodo, in particolar modo Gloria, che mi ha aiutato nei momenti tragici L’amico Lau che mi sprona a superare i limiti Lauretta che mi ha sopportato ed ha ascoltato le mie lamentele Il prof. Petruzzellis per la pazienza \mantenuta nei miei confronti I miei genitori VOLERE è POTERE 78 Bibliografia: Aaker D. A. ,Brand equity. La gestione del valore della marca,Angeli, Milano,1997 Addis M. ,L’esperienza di consumo – Analisi e prospettive di marketing, Pearson Education Italia, 2005 Bettetini, Grasso A. , Lo specchio sporco della televisione. Divulgazione scientifica e sport nella cultura televisiva, Fondazione Agnelli, Torino, 1988 Bird A. , L’economia dell’entertaiment, FrancoAngeli, Milano, 2002 Cherubini S. , Canigiani M., Il marketing delle società sportive, Franco Angeli , Milano, 1996 Cherubini S. , Il marketing sportivo: analisi, strategie, strumenti, FrancoAngeli, Milano, 2000 Cherubini S. , Canigiani M. , Campioni e co-marketing sportivo, FrancoAngeli, 2001 Codeluppi V., Il potere della marca, Bollati Boringhieri, Torino, 2006 Goldman R., Papson S. , Nike Culture: The Sign of the Swoosh, Sage, London – Thousand Oaks, New Delhi, 1998 Grippo C. Nike, allargamento delle linee di prodotto all’insegna dello swoosh, Franco Angeli, Milano, 1999 79 Hill S. , Rifkin G. , Radical Marketing, Harper Perennial, New York, 2000 Klein N. , No Logo. Economia globale e nuova contestazione, Baldini&Castaldi, Milano, 2001 Kotler P. , Marketing Management, Isedi, Torino, 2006 LaFeber W. , Michael Jordan and the New Global Capitalism, W. W. Norton & Company, New York – London, 1999 Nonisma, Dentro lo sport. Primo rapporto sullo sport in Italia, Il sole 24 Ore, Milano, 2002 Piantoni G. , Sport tra agonismo, business e spettacolo, Etas Libri, Milano, 1999 Pine J. , Gilmore J. H. , L’economia delle esperienze, Etas Libri, Milano, 2000 Ramonet I. , Propagandes silencieuses. Massea , telèvision, cinèma, Galilèe, Paris, 2000 Riou N. , Pub fiction. Società postmoderne et nouvelles tendances publicitaires, Editions d’ Organisation, Paris, 1999 Simenson A. , Marketing Aesthetics: the strategic management of Brands, identity, and Image, The Free Press, New York, 1997 80 Schmitt B. H. , Experential Marketing, The Free Press, New York, 1999 Stanton W. , Varaldo R. , Marketing, Il Mulino, Bologna, 1986 Tribou G. , Augè B. , Management du Sport. Marketing et gestion des clubs sportifs, Dunod, Paris, 2003 Vanderbilt T.,L’anima di gomma. Industria e culture della scarpa sportiva, Feltrinelli , Milano, 2000 Vigarello G. , Le sport bouleversè par l’l’image, in B. Huchet ed E. Payen (a cura di), Mèdias et reprèsentations du monde : figures de l’evènement, Centre Pompidou, Paris, 2000 Williams G. , Branded', V&A Publications, London, 2000 Zagnoli P., Radicchi E., Sport Marketing, Franco Angeli, Milano, 2005 BIBLIOGRAFIA WEB: www.Marketingpower.com www.nikebiz.com 81
上一篇:Strategic_Management 下一篇:Soc120_Week2_Assignment